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Tremilia: la "Casa del Vescovo"

Tremilia: la "Casa del Vescovo"

La cosiddetta “Casa del Vescovo”, si trova a pochi chilometri da Siracusa, in contrada Tremilia, tra i fertili campi delle balze dell’Epipoli. Le origini di questo possedimento, che nei secoli scorsi rappresentò uno dei centri propulsivi della mensa vescovile, risalgono al tempo dei re normanni che, sottratta la Sicilia agli Arabi, ne assegnarono le terre ai vescovi siracusani. Il feudo di Sinerchia concesso in censo enfiteutico ed in gabella, per la fertilità delle sue terre produceva cospicui proventi che venivano convogliati nelle casse diocesane. Nel 1607 il vescovo Giuseppe Saladino vi impiantò la coltivazione della canna da zucchero, ma il vescovo che più lustro diede alla villa di Sinerchia fu senza dubbio monsignor Angelo Robino, eletto al soglio episcopale siracusano il 3 Luglio 1853. Il novello vescovo, originario di Salemi, è ricordato dalla storiografia per aver arricchito, con notevoli spese, la cattedrale e il palazzo arcivescovile in parte occupato da una guarnigione militare. Monsignor Robino, innamoratosi della ridente campagna di Sinerchia amava trascorrervi lunghi periodi, ancora oggi testimonia la presenza del vescovo una piccola cappella presente al secondo piano della casa padronale. La masseria, che presenta una pianta quadrangolare raccolta attorno ad un ampio baglio, dotata delle abitazioni padronali e dei lavoranti, di vari magazzini e stalle, disponeva anche di una grande frantoio e di un funzionale palmento.

Il pastore siracusano seppur come riportato dal Privitera nella sua “Storia di Siracusa”: Cospicua e bella persona, di cuore quanto pio altrettanto largo e generoso… non seppe sottrarsi dal nominare quale procuratore generale dei beni ecclesiastici della diocesi, il fratello Pietro che lo aveva seguito a Siracusa. In virtù della carica ricoperta Pietro Robino fu il vero conduttore dell’esteso possedimento di Sinerchia, per divenirne l’effettivo proprietario dopo che le leggi del novello regno d’Italia decretarono l’alienazione forzata dei beni ecclesiastici.

Nonostante la lapide del 1866, in realtà quella di Pietro Robino non fu una vera nuova erezione, ma un’ampia ristrutturazione e razionalizzazione delle finalità produttive di Sinerchia. Alla morte del vescovo Robino, avvenuta il 27 Agosto 1868, il fratello Pietro, seppur cessando dal suo incarico di procuratore dei beni ecclesiastici, decise di rimanere a Siracusa dove continuò ad esercitare una certa influenza fino all’inizio del nuovo secolo. La casa del vescovo, utilizzata ora come deposito di prodotti e macchine agricole, presenta alcuni vani alquanto degradati, ma, nel complesso, è ancora possibile coglierne l’antico aspetto e prestigio. Si raggiunge da una via secondaria che si innesta, lungo la strada provinciale Fusco-Carancino-Grottone, nei pressi del “castello” di Tremilia.

Libro_masserie
Tratto da: Massae, Massari e Masserie siracusane
di Marco Monterosso
Morrone editore – 1999

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