Tremilia: il “Castello” Bonanno

Concedo Syracusanae Ecclesiae Matri… monasterium S.Petri de Trimilia cum omnibus pertinentiis suis, et terrarum terminis. E’ questo il testo del più antico atto in cui è citata la terra di Tremilia, feconda località posta, pochi chilometri a nord-ovest di Siracusa, sotto le balze dell’Epipoli. Il documento del 1104 attesta la donazione fatta dal conte Tancredi, al vescovo siracusano Ruggero, del monastero Benedettino di San Pietro a Tremilia. Il monastero era costruito sulle basi dell’antico convento di San Pietro de Bajas, edificato da Gregorio Magno, prima ancora di essere eletto papa, intorno al VI secolo d.C. Le terre di Tremilia come possedimento della chiesa siracusana, facendo parte del patrimonio della mensa vescovile, furono concesse in censo già dal 1400. Nel corso dei secoli furono numerose le iniziative dei vescovi siracusani per incrementare i proventi del loro possedimento, agli inizi del diciassettesimo secolo notevole successo ebbe l’introduzione della coltivazione della canna da zucchero, favorita dal vescovo del tempo, monsignor Giuseppe Saladino.
Nel 1803 l’imprenditore inglese Francesco Leckie, colpito dalle bellezze di Tremilia, sicuro di potervi ricalcare i modelli agrari della sua patria, decise di chiedere al “conservatore generale d’azienda” Donato Tommasi la concessione in censo enfiteutico delle terre di Tremilia. I contatti con il procuratore dei beni ecclesiastici, sottratti all’autorità religiosa con il sovrano rescritto del 3 Novembre 1792, ma anche con lo stesso arcivescovo, furono lunghi e laboriosi. Dopo otto mesi di trattative l’imprenditore inglese, in cambio del censo annuo, della costruzione di un mulino, e di una nuova chiesa, iniziò la sua avventura a Tremilia. Per la formalizzazione dei preliminari del contratto il Leckie fu anche “indotto” a rinunciare all’esercizio sia pubblico che privato della sua religione. L’esperienza dell’imprenditore inglese, che apportò numerose innovazioni colturali e tecnologiche a Tremilia, non fu però coronata da successo, già nel 1811 il Leckie decise di concedere le sue terre in subenfiteusi ai Bonanno, baroni di Maeggio.
Alcuni passaggi del difficile iter seguito alla concessione di Tremilia andrebbero però certamente approfonditi, la presenza quale procuratore del Leckie dell’abate Balsamo, stretto collaboratore del marchese Natale autore delle famose “Istruzioni prudenziali” e vero fautore dell’alienazione dei beni demaniali e la successiva subconcessione ai Bonanno di Maeggio, famiglia da cui proveniva lo stesso vescovo Gaetano Bonanno, titolare del soglio episcopale siracusano al momento della concessione di Tremilia, m’inducono a delineare scenari ben lontani dal semplice amore per quei luoghi dichiarato dall’imprenditore inglese.
Con la conduzione dei Bonanno, furono realizzati a Tremilia numerosi interventi: sorsero due mulini idraulici, uno nel 1819 ed uno nel 1856, furono costruiti nuovi palmenti per la realizzazione di un rinomato vino e rimodernate stalle e strutture pericolanti. Con l’avvento del regno d’Italia anche Tremilia, già formalmente in mani private da oltre un cinquantennio, segui le sorti di tutti i possedimenti ecclesiastici che furono sottoposti ad alienazione forzata. Nel 1867 Tremilia passò definitivamente ai Bonanno che decisero di costruirvi una dimora degna del loro rango. Sui resti dell’edificio già utilizzato dai monaci benedettini, i Bonanno edificarono una imponente villa-castello avente aspetto squadrato, finestre ogivali e l’immancabile ornamento di merli ai muri perimetrali. La villa Bonanno ancora forte della sua antica fierezza, svetta in uno dei punti più alti di Tremilia, facilmente visibile anche dal passante meno attento. Oggi l’antica dimora dei baroni Bonanno, destinata al soddisfacimento delle esigenze di una florida azienda agricola, non versa in buone condizioni.
Tratto da: Massae, Massari e Masserie Siracusane
di Marco Monterosso
Morrone Editore, 1999