Il “Casino grande” di Monte Climiti

Il feudo siracusano di Monte Climato, il cui territorio coincideva con il rilievo conosciuto oggi come Monte Climiti, confinava in antico con il feudo Aguglia ad Est, con i territori delle “terre” di Melilli e Sortino e con il feudo Diddino a Sud.
Il primo possessore del feudo di Monte Climiti fu il conte di Augusta Guglielmo Raimondo Moncada cui, per essere stato dichiarato traditore della corona fu sottratto, nel 1397, e devoluto a tale Corrado De Castello. Per via maritale il feudo passò, nel 1453, a Vassallo Speciale, da questi al figlio Giovanni Matteo che, nel 1493, si investi anche di metà del limitrofo feudo di Diddino. La famiglia Speciale mantenne il possesso del feudo tramite suoi procuratori fino al 1580 quando se ne investi Eleonora Ibarra e Barresi. Gli Ibarra che risiedevano a Madrid, riuscirono, nel 1665, ad investirsi oltreché del feudo di Monte Climato dell’intero feudo di Diddino che rappresentava la parte più produttiva dei loro possedimenti siracusani.
Il 20 Aprile 1736, come procuratore di Don Vincenzo Beneventano, barone del Bosco, si investi della baronia di Monte Climato e Diddino con i feudi Frescuccia e Belfronte, tale Giuseppe Gennisi da Modica. Il Beneventano ottenne queste enormi proprietà in concessione enfiteutica con patto di riscatto da fra Matteo Basile, anch’egli da Modica, nominato esecutore testamentario dall’ultima discendente degli Ibarra.
I Beneventano mantennero il loro feudo fino all’abolizione della feudalità, ultimo ad investirsene, il 10 Luglio 1799, fu Francesco Maria Beneventano.

Il feudo di Monte Climiti, a causa delle sue terre aspre e continuamente spazzate dal vento non garantiva un altissima resa produttiva cosicché era destinato prevalentemente alle coltivazioni foraggiere. I Beneventano sulla sommità del Monte Climiti riedificarono, sulle basi di una preesistente costruzione degli inizi del XVII secolo, un’imponente e funzionale masseria. L’edificio topograficamente conosciuto come “casino grande” fu interamente rimodernato e ampliato dai baroni del Bosco che, oltre a renderlo inattaccabile dagli assalti dei briganti, lo dotarono di tutto ciò che occorreva per farne una dimora completamente autosufficiente.
L’edificio si raccoglie attorno ad un’ampia corte rettangolare dotata di un grande abbevera toio per gli animali. I malintenzionati era scoraggiati sia da un solido corpo di guardia sopraelevato munito di numerose feritoie, sia da un “orribile mascherone” posto nella chiave di volta dell’arco d’ingresso. Una scala esterna, posta di fronte al varco d’entrata, conduceva all’abitazione dei proprietari, unica parte dell’edificio ad essere su due piani. Oltre alle abitazioni ed a un gran numero di stalle e magazzini i Beneventano costruirono, nel 1790, una bella chiesa, avente ingresso all’esterno delle mura della masseria, con i soffitti finemente affrescati con scene di vita di santi. Nonostante raggiungere il grande non sia proprio agevole, chiari episodi di vandalismo hanno contribuito a danneggiare buona parte della struttura. Il fregio dei Beneventano posto sulla facciata della chiesa è stato recentemente divelto cosi come sono stati asportati una infinità di parti che permettevano il funzionamento del trappeto.
In realtà buona parte del casino grande è in fase d’imminente crollo, penosamente, sotto l’incedere degli agenti atmosferici, è già rovinosamente crollato anche il tetto affrescato della chiesa. La masseria dei Beneventano, nonostante i numerosi elementi di finezza architettonica, rischia di scomparire presto.
Tratto da:
MASSAE MASSARI E MASSERIE SIRACUSANE
di Marco Monterosso
Editore Morrone, Siracusa, 1999