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Thapsos: primo insediamento urbano d’occidente

Thapsos: primo insediamento urbano d’occidente

La questione dell’origine delle città e della loro evoluzione è argomento al centro dell’attenzione di filosofi, sociologi, storici ed economisti, da almeno un secolo e mezzo, in realtà non esiste una definizione univoca di città. Convenzionalmente i grandi insediamenti protostorici, nei quali gli scavi archeologici ci hanno restituito tracce di occupazioni specializzate, commercio, immagazzinamento dei cibi e forme di potere centralizzato, vengono definite “civiltà” o “culture”.
E’ noto che le prime tracce di organizzazione urbana del territorio si trovano nell’area occidentale del bacino mediterraneo, a Gerico (8.000 a.C.) nel vicino oriente, nella regione del Mar Morto e a Catal Huyuk (6000 a.C.) in Anatolia, nell’odierna Turchia. A Gerico le indagini archeologiche hanno restituito imponenti mura e i resti di una torre che testimoniano una volontà difensiva che permette di collocare la città in un complesso sistema di rapporti con il territorio circostante. La città turca invece, che probabilmente si sviluppò grazie al controllo che riusci ad esercitare sull’estrazione e sulla lavorazione dell’ossidiana, ha restituito tracce consistenti di un agglomerato di piccole case in mattoni che ricopre un’intera collina. Se gli elementi costitutivi di ogni civiltà urbana, diversificazione produttiva, presenza di attività specializzate e valore polifunzionale del centro abitato iniziano a profilarsi non emerge ancora una vera concezione dello “spazio urbano”, le case sono costruite l’una sull’altra, mancano le strade, e la città non si divide ancora in zone dedicate in modo esclusivo al culto o ai commerci o alla vita comunitaria.

Nel IV millennio prende avvio una fase di urbanizzazione più matura che si sviluppa prevalentemente in zone fertili, lungo grandi fiumi e vaste pianure agricole o in punti che costituiscono passaggi obbligati delle vie commerciali, in Mesopotamia, lungo il Nilo, nella vallata dell’Indo e in Cina. La città di Uruk, in Mesopotamia, attorno al 3500 a.C., appare al centro di un’intensa opera di organizzazione del territorio, il centro urbano s’ingrandisce e presenta nuovi elementi. Le indagini archeologiche hanno portato alla luce non solo mura per la difesa degli abitanti e delle riserve di cibo, ma anche zone residenziali separate da palazzi e templi e un palazzo del sovrano, in cui sono concentrate le attività direttive, produttive e commerciali, che rappresenta in maniera evidente, per la sua imponenza, la forza e la ricchezza del gruppo dirigente. Tra la metà del IV e gli ultimi secoli del III millennio a.C., anche alcuni centri dell’area egeo-anatolica (Troia, Lerna, Chalandriani, Thermi e Poliochni) sono ormai vere e proprie “cittadelle”, mentre il tipo di popolamento che predomina nel resto del continente europeo è quello disperso, con villaggi in aree prima ritenute marginali e ora colonizzate per il concomitante sviluppo dell’agricoltura e della pastorizia. Attorno al 1900 a.C., l’emergere della cultura minoica nell’isola di Creta, può considerarsi “il primo anello nella catena europea delle civiltà” che, tra il XIV e il XII secolo a.C, si estenderà attraverso gli intensi rapporti commerciali dei mercanti micenei, anche alla Sicilia. Rapporti commerciali invero già attestati nell’ultima facies del Neolitico siciliano, tra la seconda metà del V millennio a.C. e i primi secoli del IV millennio, quando l’isola di Lipari diventa l’epicentro mediterraneo dello sfruttamento dell’ossidiana con una distribuzione attestata fin alle Alpi e alle coste orientali del Mare Adriatico. Le prime tracce del passaggio culturale che trasformò, almeno in embrione, gli insediamenti protostorici siciliani in centri urbani sono rintracciabili nello scalo commerciale posto nella piccola penisola di Thapsos, oggi nel comune di Priolo Gargallo (SR).

I primi scavi archeologici furono eseguiti intorno al 1880 da Francesco Saverio Cavallari che identificò circa 300 tombe, ma fu, poi, Paolo Orsi a scavare estesamente la necropoli nella zona di nord-est e a pubblicare i risultati delle ricerche nel 1895. Si deve a Giuseppe Voza, che condusse le prime esplorazioni nel 1967, l’aver riportato alla luce, assieme ai resti di altre tombe, le vestigia di un esteso abitato databile tra la prima Età del Bronzo e il IX sec. a.C.. E’ lo stesso Voza, in una breve pubblicazione, L’età del bronzo e la cultura di Thapsos, edito dal Museo Archeologico Regionale “Paolo Orsi”, ad evidenziare l’importanza cruciale del sito di Thapsos in cui è possibile individuare le tracce di una primordiale organizzazione urbana.

“La presenza contestuale nei corredi tombali di Thapsos di ceramiche micenee, cipriote e maltesi consente una migliore possibilità di definire la cronologia delle culture del Bronzo medio in una vasta area del Mediterraneo, ma è soprattutto rilevante per il fatto che dimostra come Thapsos, nel XIV sec. a.C, appare come emporio che sulla costa orientale della Sicilia raccoglie le fila delle più importanti reti commerciali del Mediterraneo, fatto a cui si accompagnò una serie di effetti di natura culturale di grande rilevanza per l’incivilimento del mondo indigeno in terra siciliana.

Ma l’indizio più appariscente e significativo degli effetti del processo di miceneizzazione documentato a Thapsos è dovuto alle caratteristiche dell’abitato che si estende per circa 1 km alla radice dell’istmo e che è segnato, dalla parte orientale, da una lieve falesia che proteggeva dai venti. Di questo abitato sono state individuate tre fasi delle quali le prime due documentano la completa trasformazione del tipo dell’abitazione indigena che da capanna monocellulare, di forma circolare, subcircolare, ovale o a ferro di cavallo si trasforma in casa a molte stanze di forma rettangolare, disposte intorno ad ampi cortili, dotati di piccoli ambienti di servizio e pozzi e forniti di pavimentazione in acciottolato di accurata tessitura. E’ parso evidente che, in questi complessi architettonici molto regolari, la funzione modulare dell’ambiente rettangolare e la presenza coordinante della corte riportano inequivocabilmente a organizzazioni architettoniche di ambiente egeo-miceneo. Ma la cosa che risulta più interessante è rappresentata dal fatto che questi complessi abitativi sono fiancheggiati da strade che sembrano organizzare in maniera coordinante l’abitato nei cui caratteri si percepisce il primo indizio di una vera e propria organizzazione urbana che finora si conosca in Occidente, il che rappresenta un’assoluta novità nel campo della storia dell’urbanistica. In Sicilia i villaggi dell’età del Bronzo conosciuti, come quelli di Manfria presso Gela, di età castellucciana, e quelli messi in luce a Lipari, a Panarea, a Salina, a Filicudi e a Ustica, non sembrano presentare alcuna regolare, preordinata disposizione delle capanne che, se mai, sembrano talvolta tendere a raggrupparsi intorno a uno spazio mediano. Rispetto alla tipologia di questi abitati dell’età del Bronzo antico e medio, l’assetto di quello di Thapsos, per l’assoluta novità rappresentata sia dalla sua organizzazione generale sia dalla tipologia dei corpi costruttivi doveva certo corrispondere a nuove esigenze funzionali e a nuove condizioni abitative. Naturalmente ci si è chiesto quale potesse essere la natura di queste nuove esigenze della comunità thapsiana. Non crediamo che esistano termini per parlare di colonizzazione micenea tante volte discussa e quasi sempre negata. Si dispone è vero, di una somma importante di dati che parlano di un profondo fenomeno di miceneizzazione connesso principalmente con le esigenze di natura commerciale che fecero di Thapsos forse il più importante emporio della media età del Bronzo nell’occidente mediterraneo. Non sappiamo quali fossero esattamente i prodotti che alimentavano il commercio fra la Sicilia e la Grecia micenea, che cosa la Sicilia offrisse in cambio dei raffinati prodotti dell’artigianato miceneo. Gli eleganti vasi micenei dipinti sono una delle tante categorie di prodotti di pregio che potevano essere esportati dalla Grecia, ma numerosissimi altri oggetti dovevano affiancarsi ad essi. Sui beni che la Sicilia doveva offrire in cambio si può pensare ai prodotti dell’agricoltura o della pastorizia. Certo è che il volume degli scambi doveva essere notevole, se poteva condizionare in modo così appariscente l’economia e la stessa geografia antropica e se poteva portare allo sviluppo di un agglomerato urbano così vasto come quello di Thapsos. Se non è da escludere che un certo numero di indigeni dell’Italia meridionale e della Sicilia, al di fuori della condizione di schiavi, abbia potuto raggiungere i centri della Grecia micenea, enormemente più ampio doveva essere il numero dei commercianti micenei che frequentavano gli empori occidentali stabilendovisi per un certo numero di anni per l’organizzazione dei traffici, dello stoccaggio delle merci e degli scambi. Thapsos doveva essere uno dei centri di questo complesso fenomeno di rapporti che, come dimostrano le testimonianze archeologiche, esercitò una profonda influenza sulla civiltà locale in Sicilia determinando una rapida trasformazione ed evoluzione. Si determinò, cosi, un progresso tecnologico, un arricchimento della cultura materiale ed artistica, l’affermazione di nuove mode nell’abbigliamento, nell’organizzazione della casa, del modo di vivere e, quindi, della struttura sociale, giuridica e politica della società thapsiana, senza escludere anche effetti nel campo ideologico e religioso. Tutto questo pensiamo si sia verificato nella media età del Bronzo a Thapsos che possiamo definire la prima città che si conosca in tutto l’occidente mediterraneo, la vera e propria capitale della Sicilia nel XIV sec. a.C. e, con Lipari, il massimo emporio del commercio miceneo con l’Occidente”.

Marco Monterosso

Esperto in promozione turistica e management del patrimonio culturale e ambientale... con una sfrenata passione per il territorio siciliano ! Ha scritto "qualcosa" che puoi vedere su: https://independent.academia.edu/MonterossoMarco

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