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Green New Deal: considerazioni “controcorrente”

Green New Deal: considerazioni “controcorrente”

L’utilizzo del carbone e dei suoi derivati ha certamente avuto nel tempo un impatto pesante sull’ecosistema terrestre. Nel comprensorio industriale siracusano, dove da oltre sessant’anni operano alcune tra le maggiori raffinerie d’Europa, in passato, complice l’assenza di normative adeguate, si sono verificati veri e propri disastri ambientali. I camini che emettevano fumi nerastri, l’atmosfera che odorava di zolfo e le piogge acide sono ancora ben impresse nell’immaginario collettivo.
Negli anni settanta la mutata sensibilità ambientale, specie dopo il disastro di Seveso, ha portato però ad una serie di leggi che sono intervenute per contenere il più possibile gli elementi di rischio. L’introduzione dell’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), ha portato, innegabilmente, ad una drastica riduzione degli inquinanti, con un notevole miglioramento della qualità dell’aria.

A questo riguardo, sempre più spesso, si sente parlare di “decarbonizzazione della zona industriale di Siracusa” perchè ci siamo convinti, o meglio un certo tipo di scienziati-divulgatori ci hanno convinto, che invece di estrarre miliardi di tonnellate l’anno di carbone, petrolio e gas naturale dovremmo imparare a sfruttare l’energia del sole e del vento, risorse rinnovabili il cui sfruttamento non danneggia l’ecosistema, al punto da rendere superflui gli impianti di produzione termici. Sembra tutto giusto. Sembra la via giusta per salvare il pianeta. Non tutti però la pensano così.

Partiamo da un ovvietà: pannelli solari, pale eoliche, batterie e auto elettriche, non si creano dal nulla o da risorse naturali la cui estrazione non impatta con l’ecosistema. Sono dispositivi tecnologici fatti di cemento, plastica, acciaio, titanio, rame, argento, cobalto, litio e decine di altri minerali.
Si stima che, solo per convertire un decimo della produzione di energia primaria mondiale (17.500 TWh), potrebbe essere necessario:
– raddoppiare la produzione di calcestruzzo (da poco più di 10 miliardi di tonn. l’anno a quasi 20),
– quadruplicare quella di acciaio (da poco meno di due miliardi di tonn. a poco meno di 8)
– moltiplicare di varie volte quella di vetro, alluminio e rame.
E stiamo parlando di convertire alle energie rinnovabili “solo” il 10% del fabbisogno energetico mondiale !

Altri dati ancora possono aiutare a chiarire le implicazioni:
– Dal 2008 al 2018 la produzione di Litio è passata da 25.400 a 85.000 tonn. ma l’estrazione dai laghi salati sotterranei in Cile e Bolivia ha impattato pesantemente sulle falde acquifere potabili, facendo aumentare la siccità.
– Il rame è presente con una concentrazione di circa lo 0,6%, questo vuol dire che per estrarre una tonnellata di metallo bisogna sbriciolare più di 150 tonn. di roccia.
– L’alluminio viene prodotto, con un procedimento che consuma moltissima energia: circa 30.000 kwh per tonn. (tra energia termica ed elettrica).
– La produzione di una tonnellata di acciaio richiede tra gli 800 e i 5.000 kwh equivalenti. Quindi, solo per produrre l’acciaio necessario a costruire pannelli e turbine eoliche sufficienti a generare 17.500 TWh l’anno di energia rinnovabile, potremmo avere bisogno di 5.000/30.000 TWh l’anno di energia fossile in più.

Queste stime non sono frutto di studi condotti da pseudo scienziati prezzolati dalla lobby dei petrolieri. L’ONU, la Commissione Europea, la Banca Mondiale hanno prodotto rapporti in cui arrivano a conclusioni molto simili: serviranno moltissime risorse naturali in più !

Anche l’aspetto puramente economico incide pesantemente sul problema. Se il nostro paese possiede infatti modeste riserve di petrolio e gas naturale ma soprattutto ha stipulato vantaggiosi contratti di sfruttamento di giacimenti esteri, risulta totalmente privo di materie prime “green”, il che lo porrebbe in uno stato di subalternità assoluta rispetto non solo ai paesi produttori ma anche a quelli trasformatori.

Nonostante queste considerazioni un approccio critico al Green New Deal sembra essere assente dal dibattito scientifico nazionale, solo alcune voci “fuori dal coro” come quella di Enrico Mariutti, presidente dell’IsAG (Istituto Alti Studi in Geopolitica e Scienze ausiliarie), in un articolo sul Sole 24 Ore, sembrano segnalare il problema di una “rivoluzione green” che potrebbe avere come conseguenza quella di raddoppiare il prelievo di risorse naturali in pochi decenni.

“In definitiva, dietro a quella che chiamiamo “rivoluzione green” si nasconde in realtà un programma per incrementare rapidamente e drasticamente il prelievo di risorse naturali. Con tutto quello che consegue per la salute degli ecosistemi e anche degli esseri umani: per estrarre miliardi tonnellate di ghiaia, argilla, ferro, bauxite e rame in più, distruggeremo altre foreste incontaminate, inquineremo ulteriormente aria e acqua, spingeremo verso l’estinzione decine di migliaia di specie animali”.

Non si tratta di un futuro lontano ed incerto, la Commissione Europea ha recentemente annunciato un programma di finanziamenti per l’industria mineraria europea. Ci siamo già dentro, stiamo già devastando centinaia di ecosistemi alla ricerca di litio e cobalto per le batterie o terre rare per i magneti delle turbine eoliche. Perchè probabilmente l’opinione pubblica è stata convinta che non ci siano altre strade ma in realtà non è così.

Prendiamo un caso esemplare: la Cattura Diretta in Atmosfera (DAC) una tecnologia che permette di separare l’anidride carbonica dall’aria. Esistono diversi impianti pilota già funzionanti in tutto il mondo. L’italiana ENI sta portando avanti questo tipo di tecnologia presso i centri ricerche di San Donato Milanese e  Novara, la stessa sta costruendo un HUB di stoccaggio della CO2 al largo di Ravenna e si percorrono anche le strade della biofissazione sulle alghe e la conversione in metanolo, da reimmettere nella filiera dei combustibili.

A Siracusa esiste già da venti anni un impianto di produzione di Syngas (50% Idrogeno e 50% Monossido di carbonio), prodotto dagli scarti della lavorazione del petrolio. Scarti che non solo vengono sottratti dalla “filiera dell’inquinamento”, ma utilizzati come combustibile per produrre energia elettrica. Anche questo tipo di impianti, se adeguatamente incentivati, potrebbero dotarsi entro la data imposta dagli accordi di Parigi, di impianti di cattura diretta della CO2, apportando un risultato concreto e misurabile alla riduzione dell’anidride carbonica nell’atmosfera. Sempre a Siracusa inoltre è allo studio la costruzione di un impianto di produzione di metanolo dalla conversione di Syngas che quindi risulterebbe ad emissione di CO2 negativa.

Naturalmente la cattura diretta della CO2 in atmosfera rappresenta solo una delle possibili soluzioni tra cui:
– La riforestazione e l’agricoltura rigenerativa (da non confondere con l’agricoltura biologica o biodinamica);
– L’uso più intelligente ed efficiente dei combustibili fossili, usando quelli che producono meno CO2 a parità di energia prodotta come per esempio, il metano, l’idrogeno o il gas naturale, che sono ormai realtà consolidate in diversi campi;
– La produzione di motori termici sempre più piccoli ed efficienti che attraverso la riduzione dei materiali utilizzati, ne ridurrebbe lo sfruttamento;

Sono queste alcune delle soluzioni oggi possibili che, sommate ad un uso intelligente e sostenibile delle fonti rinnovabili, potrebbero essere in grado di favorire un approccio serio al problema del gas serra, senza devastare ulteriormente il pianeta. Perchè cosi come declinato il meritorio sforzo del Green New Deal rischia di diventare un paradigma dell’ipocrita “politically correct” occidentale che può permettersi di reperire le risorse naturali di cui ha bisogno scaricandone i danni su paesi poveri come Bolivia, Cile, Congo ed altri.

Sarebbe bello poter dire che è sempre più importante studiare, informarsi, approfondire, per prendere coscienza, realmente, del problema e delle possibili soluzioni. Ma se a monte gruppi d’interesse o fortemente ideologizzati, decidono e selezionano quali informazioni devono arrivare ai media e quali no diviene impossibile farsi una opinione corretta. Rischiando di condurre “fuori strada” anche chi avrebbe il dovere di prendere le decisioni finali.

Fonti consultabili sull’argomento:
https://www.unido.org/sites/default/files/files/2019-05/Benchmarking%20Report%20Steel%20Sector.pdf
https://ec.europa.eu/jrc/en/publication/raw-materials-demand-wind-and-solar-pv-technologies-transition-towards-decarbonised-energy-system#:~:text=To%20meet%20the%20future%20energy,drastically%20in%20the%20coming%20decades.
https://www.resourcepanel.org/reports/global-resources-outlook
https://documents.worldbank.org/en/publication/documents-reports/documentdetail/207371500386458722/the-growing-role-of-minerals-and-metals-for-a-low-carbon-future
https://www.pnas.org/content/112/20/6277#sec-1
http://documents1.worldbank.org/curated/en/207371500386458722/pdf/117581-WP-P159838-PUBLIC-ClimateSmartMiningJuly.pdf

Sebastiano Campisi

Appasionato sostenitore del rapporto tra sviluppo economico e sostenibilità ambientale è tesoriere dell'Ass. La Nostra Terra

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