L’abbazia di Santa Lucia di Mendola (Noto)

L’abbazia di Santa Lucia di Mendola (Noto)

I primi monaci, comunemente conosciuti come Basiliani perché si ispiravano alla regola di San Basilio Magno (330-379), si stabilirono in Sicilia tra la fine del IV e il V secolo d.C. provenienti dall’area mediorientale. Di questa prima fase si hanno poche informazioni sulle fondazioni monastiche italo-greche, meglio documentata invece la situazione nella Sicilia orientale a partire dalla metà del VII sec. quando il monaco greco Zosimo, egumeno del monastero di S. Lucia a Siracusa, divenne vescovo della città (642-649). Anche tra IX e X secolo, a seguito dell’invasione araba dell’isola, le informazioni sono molto rare registrandosi tuttavia un notevole movimento migratorio di monaci italo-greci dalla Sicilia verso la Calabria e la Lucania.
La conquista normanna dell’isola, nonostante la “latinizzazione” delle diocesi, produsse un vasto processo di fondazioni di alcuni tra i più importanti monasteri italo-greci dell’Italia meridionale. “Se per il periodo prenormanno i numerosi piccoli monasteri in rupe o subdiali che costellavano il paesaggio dell’Italia meridionale sembrano esistere solo nelle fonti, le nuove fondazioni acquisiscono via via monumentalità, quasi a voler rivaleggiare con le grandi abbazie benedettine fondate dai Normanni e con le loro cattedrali. Muta così l’immagine stessa del monachesimo bizantino in Italia meridionale, attirato in una spirale politico-religiosa, come testimonia anche la creazione di monasteri urbani.” (G. Ciotta-1992).
In territorio di Noto, ma non lontano da Palazzolo, la basilica di Santa Lucia di Mendola rappresenta in maniera evidente quel processo che in età normanna trasformò i vecchi luoghi di culto rupestri in ricchi monasteri dotati di ampia giurisdizione temporale.

Il luogo di culto nacque nei pressi di un piccolo villaggio rurale, limitrofo l’antica Acre, conosciuto come Rehalberaris in periodo arabo e Munde o Mendola nell’alto Medioevo. Secondo la tradizione, sulla fine del III e i primi del IV secolo, si stabilirono nel villaggio la vedova romana Lucia e il nobile Geminiano, che miracolosamente scampati alla persecuzione di Diocleziano, svolsero una feconda missione di santità che li portò al martirio. Sul loro sepolcro, divenuto presto centro di fervido culto, fu elevato da una facoltosa matrona, di nome Massima, un tempio i cui resti, ancora visibili al tempo del Fazello (1498-1570), mostravano ben chiare le linee iconografiche della “basilichetta greca”. L’antico tempio, devastato durante la dominazione araba, risorse sotto i normanni che vi edificarono un complesso monastico benedettino posto sotto le dipendenze dal monastero di S. Maria di Bagnara. Iniziato probabilmente dal conte Ruggero venne portato a compimento dal nipote Tancredi, conte di Siracusa e consacrato nel 1103 dal vescovo Guglielmo. Il tempio benedettino, che accolse anche i resti mortali di Roberto, figlio di Tancredi, godette per lo spazio di diversi secoli di uno stato di vera floridezza essendo dotato di estesi possedimenti e innumerevoli privilegi, l’abate di Santa Lucia di Mendola godeva inoltre del diritto di sedere tra le fila del parlamento siciliano. (G. Agnello-1928)

Nella storia del priorato di S. Lucia vengono ricordati: Filippo Soath 1395, Rinaldo Lectione 1396, Michele Mari 1398, Francesco da Napoli 1402, Ludovico Spinar 1421. Giacomo Tudisco 1443, Giacomo Costanzo 1446, Tommaso Bonifacio, 1446. Con diploma di papa Sisto IV del 1477 il monastero di Bagnara, con le chiese annesse (compresa quindi quella di S. Lucia), fu assegnato ai canonici di S. Giovanni in Laterano, da cui da allora dipese l’elezione del priore. Nel 1579 i canonici lateranensi concessero a Giacomo Ruffo, signore di Bagnara, tutti i beni spettanti a quella abbazia con i relativi diritti sulle suffraganee, riservandosi il solo diritto di elezione dei priori. Il successore Carlo Ruffo concesse il feudo di S. Lucia a Giuseppe De Martino con l’obbligo di corrispondere alla chiesa una determinata rendita per il mantenimento del culto, in seguito il feudo passo a Ponzio Valguarnera, che acquistò il titolo di Marchese di S. Lucia.
Il primo abate commendatario, eletto dal Capitolo Lateranense, fu il palazzolese Paolo Callari, che restaurò la chiesa, Vincenzo Campisi da Regalbuto, ultimo degli abati eletti dal Capitolo Lateranense, contribuì invece all’abbellimento del cenobio. Nel 1648 la chiesa di S. Lucia, divenuta intanto di “regio patronato”, fu concessa in commenda a Simone Fimia, che fu poi vicario generale dell’arcivescovo di Palermo. Dopo di lui vengono ricordati Domenico Ferrari da Milano e Francesco Ferrari che nominato, da Carlo III, Vescovo di Siracusa non ottenne il beneficio della consacrazione. (T. Fazello-1558)
Il terremoto del 1693 determinò la completa rovina tanto della chiesa che dell’annesso cenobio, sui loro ruderi, in seguito di una concessione al padre Corrado Sieri, sorse nella prima metà del secolo XVIII, l’eremitaggio ancor oggi esistente.

Vedi la scheda dedicata al sito nel Piano Paesaggistico della provincia di Siracusa

Riferimenti Bibliografici:
GIANLUIGI CIOTTA, Basiliani, in Enciclopedia dell’Arte Medievale, Roma, 1992
GIUSEPPE AGNELLO, Le sculture normanne di Santa Lucia di Mendola nel museo di Siracusa, in Bollettino d’Arte del Ministero della pubblica istruzione, Anno VII – Serie II, Milano, 1928
TOMMASO FAZELLO, De rebus Siculis decades duae…, Palermo, 1558

Author: Marco Monterosso

Esperto in promozione turistica e management del patrimonio culturale e ambientale... con una sfrenata passione per il territorio siciliano ! Ha scritto "qualcosa" che puoi vedere su: https://independent.academia.edu/MonterossoMarco

Marco Monterosso

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