Il “terzo gatto” di Belvedere
A Belvedere, oggi quartiere di Siracusa, vivono cosi come in tutte le città del mondo tanti gatti, solo due però ricordano ai “belvederesi” la storia del loro paese. Mi riferisco al gatto rampante presente nella facciata principale della chiesa parrocchiale di Santa Maria della Consolazione ma anche a quello, meno visibile, posto nella loggia campanaria. Questi due gatti di pietra sono infatti l’ultima testimonianza del passato pluricentenario del piccolo centro siracusano fondato dalla famiglia Bonanno tra il 1627 e il 1630. Il 3 marzo 1627 Giuseppe Bonanno Gioeni che aveva acquistato, già nel 1615, il feudo di Carancino dal principe di Pietraperzia, richiese infatti al “Senato” siracusano di poterlo popolare. Nella stessa seduta il consiglio cittadino concedeva il suo “nulla osta” all’edificazione a condizione che il barone ottenesse però la prescritta licenza dal Consiglio d’Italia e dal Tribunale del Real Patrimonio. Nonostante il consenso iniziale della città di Siracusa e una formale conferma viceregia datata 26 Settembre 1627, il Senato siracusano cercò però di ostacolare in ogni modo la nascita della nuova terra finché, nel Novembre del 1629, il feudatario fu autorizzato alla censuazione delle sue terre ai nuovi coloni.
La chiesa del nuovo centro sorse come comunità conventuale, Giuseppe Bonanno infatti, vista la presenza nel suo feudo di un eremitaggio agostiniano, il 17 Luglio 1628 aveva richiesto al padre provinciale dell’ordine di poter costruire una nuova e più capiente chiesa che potesse soddisfare le necessità spirituali dei nuovi abitanti. Il barone si impegnava a concedere 460 onze per la costruzione della nuova chiesa conventuale e a riconoscere ai monaci una rendita annua di 40 onze più vari generi alimentari, tra cui una quantità rilevante di mosto al tempo della vendemmia. Don Giuseppe suggellò la sua richiesta specificando che tali concessioni non erano alterabili dai suoi eredi in perpetuo. Nel corso del 1629 giunse l’assenso del padre provinciale che risiedeva a Palermo, l’anno successivo la diocesi siracusana costituì il convento degli agostiniani in parrocchia. Nella copertina del libro dei defunti della parrocchia si può leggere: “Libro dove si notino li defunti che morino in questa Parrocchia fundata per il Sign.r Don Giuseppe Bonanno Sig.r di questa terra di Belvedere in questo convento di S.to Agostino sotto titulo di S.ta Maria della Consolatione con licenza del R.mo Can.co Don Martino Celeste Vicario G.nte in Sedia Vacante di questa diocesi Siracusana in virtù di Patente spedita in persona di me fra Agostino a Belvedere sub die 28 Marzo 1630”. In realtà proprio il libro dei defunti, il cui primo atto di morte è del 27 Febbraio 1630, dimostra come non si attese la formale pronunzia della diocesi per avviare la vita parrocchiale a Belvedere.
La chiesa di Santa Maria della Consolazione, con i suoi gatti, rappresenta oggi a Belvedere l’unico edificio superstite chiaramente identificabile col potere dei Bonanno. All’interno della chiesa, specie dopo i pesanti restauri a cui fu sottoposta nella seconda metà dello scorso secolo, non esistono invece, almeno ad uno sguardo superficiale, tracce che richiamino il dominio e la committenza della famiglia feudale. Tuttavia le caratteristiche “laiche” di uno sfarzoso araldo posto proprio sulla sommità dell’arco della navata principale, lasciavano pensare ad un opera di rimozione successiva. Solo recentemente foto dettagliate dello stemma araldico, vista la caratteristica aquila bifronte probabilmente realizzato in età asburgica (1720-1734), hanno consentito di riportare alla luce “un terzo gatto” nella chiesa di Belvedere. L’emblema dei Bonanno, nonostante oscurato da una pesante coltre blu su cui fu apposto un monogramma mariano, appare ancora in sottofondo come a voler ricordare a tutti che il passato, nonostante si cerchi di cancellarlo, rimane li a ricordare ad ognuno di noi la propria storia e le proprie origini.
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