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I centri Iblei in età Sveva

I centri Iblei in età Sveva

Il modello insediativo per casali, secondo Bresc “vero elemento di originalità della Sicilia medievale”, entra in crisi, almeno nella parte occidentale e centrale dell’isola, già nell’ultimo decennio del XII secolo quando la morte di Guglielmo II (1189) avvia una profonda crisi istituzionale ed economica che determinerà la sollevazione della componente mussulmana del regno. Federico II è costretto ad avviare un progetto organico di recupero delle prerogative regie conducendo una serie di campagne militari  che di fatto porterà “alla fine delle varietà insediative tipiche della Sicilia aperta degli Altavilla … eliminando in alcune aree quasi del tutto l’abitato sparso, concentrando la popolazione, ora unificata dalla religione cattolica e dalla lingua romanza, in centri spesso murati e forniti di castello”.

L’intenso riassetto territoriale attuato da Federico non si esplicò solo con l’intervento militare diretto ma anche con un capillare controllo sulle campagne, sulle acque territoriali, le rotte commerciali e i caricatori ma anche con la fondazione di città e castelli strategicamente posizionati, come baluardi del potere imperiale, in un territorio ancora refrattario ad un forte potere centrale.  Tra le sette fondazioni urbane, attribuite a Federico II riguardavano la Sicilia, attorno agli anni trenta del Duecento, Eraclea (Gela) e Augusta, ambedue ripopolate e dotate di castello.
Intervento militare, controllo capillare del territorio e opere fondative che si sommano e si razionalizzano negli interventi legislativi di Federico II che,  produce un opera legislativa “senza precedenti e senza analogie in alcun’altra parte d’Europa, una realtà eccezionale nel mondo medievale”. Con il riordino dell’amministrazione del regnum avviato da Federico II le città demaniali diventano l’elemento centrale di un progetto che tende a restaurare gli assetti amministrativi dell’età normanna. Ai “colloquia generalia” di Capua parteciperanno, per la prima volta, i giurati elettivi delle città regie.

Forte Vittoria Augusta (SR)

In età sveva Sortino fu probabilmente in potere dei Lancia dato che Carlo d’Angiò, nel 1270, la confischerà a Guglielmo Lancia. Il Mugnos, seppur non riportando fonti a supporto, riferisce ulteriori notizie tra cui la concessione di un feudo denominato “Pantalica”. Giovanni Sismundo (Asmundo), scudiero maggiore al tempo di Guglielmo “il buono”, nel 1194, per aver parteggiato per Guglielmo III contro Enrico VI, perdette la carica e i suoi possedimenti. L’imperatrice Costanza però “havendo riguardo alli molti serviggi di questa casa” concesse a Pietro (figlio di Giovanni) il feudo di Pantalica per privilegio dato a Napoli nel 1197, questo Pietro servi in seguito come “camariero” dell’Imperatore Federico II. Manfredi confermò a Giovanni e Adametto (figli di Pietro) la baronia di Pantalica con privilegio dato a Barletta il 20 luglio 1257, dato che questi aderirono alla fazione di Corradino, Carlo d’Angiò gli confischerà il feudo cedendolo a Pirro di Modica.

Sempre secondo il Mugnos Sortino appartenne durante il regno di Federico II a Giulio Orsino, coppiere maggiore, che giunse in Sicilia su mandato dell’imperatore per risolvere una dura controversia armata tra Siracusa e Lentini: “per ragion di confini, di maniera tale c’havevano prese ambedue l’armi, aggiungendovi l’antica antipatia, che quelli insieme tengono” Il successo della missione diplomatica dell’Orsino, che consenti il ristabilimento della pace con i siracusani e i lentinesi che rimasero “cheti e pacifici”, fu ricompensata dall’imperatore con la concessione della terra di Sortino. L’Orsino si stabili a Lentini dove sposò Attilia Madaleni da cui ebbe Mainitto, Federico, Fulvio e Ottavio che, per il possesso di quella terra, furono da allora nominati Sortino. Mainitto che sposò Petronilla Modica, fedele agli svevi, durante il regno angioino fu costretto all’esilio e subi la confisca dei suoi beni feudali. Poté fare ritorno in Sicilia solo dopo il 1283 ottenendo il “governo” di Lentini.

Nel 1229, Buscemi risulta infeudata al palermitano Matteo Calvelli, in un altro documento, dello stesso anno, gli venne confermato un privilegio relativo alla concessione di 15 villani nel territorio di Vicari, di una casa a Palermo e dei casali di Fitalia (oggi Campofelice di F.) fatta a Goffrido de Panormo, figlio di Goffrido senescalco, avo di Matteo. Nel documento del 1229 Buscemi è indicata come terra: “Fridericus, Romanorum imperator, Mattheo de Calvello (militi de Panormo) fideli suo terram Buscemi concedit et confirmat in perpetuum”.

Buccheri nel 1240 risulta in possesso di Federico Maletta, zio materno di Manfredi di Svevia. Conte di Vizzini e signore di Cammarata, il Maletta possedeva feudi e castelli anche in Puglia, nei giustizierati della Capitanata e in Terra d’Otranto. Personaggio di spicco alla corte sveva, nel 1255 partecipò al colloquio svoltosi a Napoli, tra il neoeletto papa Alessandro IV e i grandi del Regno di Sicilia, per intavolare trattative di pace tra guelfi e ghibellini. Su suggerimento di Manfredi di Svevia sposò in seconde nozze Minora di Dragone, che gli portò in dote la contea di Apice e il castello di San Severo. Dopo l’incoronazione di Manfredi, nell’agosto 1258, fu nominato reggente di Sicilia e inviato nell’isola con un contingente di soldati tedeschi, per governarla in qualità di capitano generale, la più alta carica militare del Regno. Nel maggio 1260 fu ucciso durante l’assedio di Monte San Giuliano, tradito dal capo delle truppe tedesche sotto il suo comando.

Secondo Vito Amico: “sotto l’imperatore Federico Re di Sicilia, si trova signore di Palazzolo Alberto Pallavicino, poi Pellegrino de Balos”. Tuttavia sappiamo che almeno fino al 1255, insieme a Modica, Scicli e Vizzini, Palazzolo era infeudata a Matteo de Magistro (detto de Capizana). In quell’anno i beni del de Magistro furono confiscati e concessi, da papa Alessandro IV, al lentinese Ruggero Fimetta, in precedenza esiliato da Federico II. Questi, rientrato in Sicilia dopo la morte dell’imperatore, giocò un ruolo di primo piano nei convulsi avvenimenti che segnarono la breve vita della cosiddetta Repubblica siciliana una lega di liberi Comuni, sul modello lombardo, che chiese la protezione della Santa Sede. Risulta già morto nel 1270 probabilmente avendo combattuto per riportare sotto il suo controllo Lentini, roccaforte delle forze ghibelline.

Rimandi bibliografici:
* A. MARRONE, Repertorio della feudalità siciliana (1282 – 1390), in “Mediterranea – Ricerche storiche”, Palermo 2006
* L. CATALIOTO, Terre, baroni e città in Sicilia nell’età di Carlo I d’Angio, Intilla editore – Messina, 1995
* F. MUGNOS, I raguagli historici del Vespro Siciliano, Stamp. D. Anselmo – Palermo 1669
* F. M. EMANUELE GAETANI (Marchese di VILLABIANCA), Della Sicilia Nobile, Stamp. dei Santi Apostoli per Pietro Bencivenga – Palermo 1757
* V. AMICO, Dizionario topografico della Sicilia, Tradotto dal latino e annotato da Gioacchino Dimarzo, Tip. Pietro Morvillo – Palermo 1858
* F. MAURICI, Castelli medievali in Sicilia. Dai bizantini ai normanni, Sellerio – Palermo, 1992
* H. BRESC, Il fenomeno urbano nella Sicilia d’età medievale, in E. Iachello – P. Militello, L’insediamento in Sicilia. Stato degli studi e prospettive di ricerca, Atti del convegno internazionale (Catania, 20 settembre 2007)

Marco Monterosso

Esperto in promozione turistica e management del patrimonio culturale e ambientale... con una sfrenata passione per il territorio siciliano ! Ha scritto "qualcosa" che puoi vedere su: https://independent.academia.edu/MonterossoMarco

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