Biggemi: la masseria Impellizzeri

Biggemi: la masseria Impellizzeri

Alla periferia Nord dell’abitato di Siracusa, ricadente ora nel comune di Priolo Gargallo, si estende il territorio denominato Biggemi. Secondo il Fazello, che si rifaceva agli scritti di Tucidide e Cicerone, il toponimo deriva da un castello detto di “Bidi” che doveva sorgeva all’interno del territorio del feudo. Secondo altri il toponimo deriva dalla parola araba “Burg” che vuol dire torre, ciò con riferimento alla cosiddetta “Aguglia di Marcello”, un caratteristico monumento probabilmente edificato dai Romani lungo l’arenile dell’ex feudo, al tempo dell’assedio di Siracusa. Il feudo di Biggemi confinava a Nord con il feudo di Mostringiano, a Sud con quello di Targia, ad Ovest con quello di Monte Climato (Climiti), ad Est con il mare.
Nel 1326, con la costituzione della contea di Augusta, Biggemi, insieme ad altri 35 feudi, entrò in potere di Guglielmo Raimondo (II) Moncada. Nel 1397 una sentenza della Gran Corte, che riconobbe il tradimento di Guglielmo Raimondo (III), discendente del primo conte di Augusta, portò alla concessione di Bigemi, insieme ai feudi Spalla, Priolo e Mustrari ad Agata de Herbes, sorella del Vescovo di Siracusa, Tommaso (1388-1419). Nel 1452 il feudo fu aggregato alla baronia di Melilli “locum, villam seu casale de Melilli” e donato dalla corona allo spagnolo Pietro Busulduno, segretario e consigliere di re Alfonso, che ottenne anche il privilegio del “mero e misto imperio in pheudum, sub contingenti militari servitio”. Nel 1458, questi beni furono concessi all’infante Ferdinando che però, poco dopo, li vendette a Guglielmo Raimondo (VI) Moncada, conte di Adernò. Nel 1478 Melilli con i suoi feudi, fu acquistata, per 6.000 Onze, da Beatrice Rosso, sposa di Giovanni Branciforte signore di Mazzarino, e da questa pervenne al figlio Niccolò Melchiorre. Dal 1535 la baronia entrò in potere dei Mastrantonio, finché, ancora una volta ritornò ai Moncada. Dopo un ulteriore girandola di vendite e riscatti il feudo, distaccato dalla baronia di Melilli, pervenne, nel 1622, al sacerdote Antonino Romeo. I Romeo tennero Biggemi fino al 1762 finché, venduto all’asta pubblica, ne prese investitura Giuseppe Impellizzeri Daniele, la cui famiglia tenne le terre di Biggemi ben oltre l’abolizione della feudalità. I Romeo, e poi gli Impellizeri, edificarono una grandissima dimora rurale che rappresentò, almeno fino all’immediato dopoguerra, un modello di efficiente conduzione agraria.

Il complesso edilizio di Biggemi, esteso circa tremila metri quadrati, di cui quasi mille al coperto, dotato di un gran palmeto e di un funzionale frantoio si raggruppava attorno ad una grande corte quadrangolare che raccoglieva attorno a se una moltitudine di abitazioni, depositi e ricoveri per gli animali. Sul prospetto principale, accanto alla dimora padronale posta su due piani, si affacciava anche una bella cappella gentilizia. La grande masseria di Biggemi, oggi letteralmente circondata dagli insediamenti industriali, è in una fase d’imminente crollo, la chiesetta è già rovinosamente rasa al suolo. Gli ambienti del prospetto posteriore, seppur ancora parzialmente utilizzati, sono fatiscenti e bisognevoli di urgenti restauri. Sia per l’insalubre paesaggio che circonda la masseria, sia per il suo serio stato di dissesto, non credo di poter consigliare una visita a Biggemi. Ritengo purtroppo che una suo anche minimo recupero sia ormai impensabile, tra qualche anno l’industria non mancherà di divorare anche quest’ultimo baluardo che testimonia il glorioso passato di Biggemi.

Tratto da: Massae, massari e masserie siracusane
di Marco Monterosso
Editore Morrone, Siracusa 1999

Author: La nostra terra

Per una nuova cultura del territorio

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