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Commaldo la masseria Platamone-Sipione

Commaldo la masseria Platamone-Sipione

Il feudo Commaldo, detto anche Cumbaudi o Cugni d’Incubau, che si estende nell’agro netino all’interno del territorio comunale di Rosolini, apparteneva in antico a Giovanni De Aspello. La famiglia De Aspello, dichiarata traditrice per aver partecipato ai moti chiaramontani contro i sovrani aragonesi, ebbe confiscati i suoi beni che furono concessi, da re Federico, al barone del limitrofo feudo di Rosolini Gombau des Puig (de Podio) da cui deriverebbe il toponimo. Nel 1453 entrò in possesso dei beni di famiglia Margherita De Podio che, andata in sposa ad Antonio Platamone, richiese nel 1485 la “nobilitazione” del suo feudo di Rosolini. Il privilegio regio della nobilitazione del feudo, antesignano della secentesca “licentia populandi”, consentiva ai feudatari che lo ottenevano la possibilità di poter popolare le loro terre costruendovi un castello.

Re Ferdinando, che aveva acconsentito alla nobilitazione di Rosolini il 15 Gennaio dello stesso anno, per la forte opposizione dei netini, nel cui territorio ricadeva Rosolini, con dispaccio del 23 Gennaio 1487 abrogò però ogni precedente concessione fatta a Margherita De Podio ed al marito. Nonostante lo smacco subito i signori di Rosolini continuarono ad ingrandire i loro possedimenti e il matrimonio tra Francesco Platamone e Caterina D’Imposa aggregò alle loro proprietà anche i feudi Rettillini e Almidara. Dopo una lunga lite che aveva comportato la suddivisione dei beni di famiglia, Francesco Platamone, riunificati i suoi possedimenti, nel 1673 ottenne il titolo principesco e la licentia populandi che, entro dieci anni, gli consentiva di popolare il suo feudo. Tale termine fu però lasciato trascorrere invano cosicché, nonostante l’insediamento dei primi coloni trasferitesi nella “nuova terra”, la morte di don Francesco e le notevoli difficoltà finanziarie della famiglia determinarono il fallimento anche del secondo tentativo di popolare Rosolini. Solo il matrimonio tra Eleonora Platamone con Letterio Moncada, principe di Larderia e Maestro razionale del real patrimonio, consentì, nel 1712, l’effettiva colonizzazione di Rosolini che, già nel 1806, a meno di un secolo dalla colonizzazione, si popolò di oltre tremila abitanti. La possibilità di disporre di crescente manodopera consentì ai Platamone di bonificare i loro estesissimi possedimenti e di accrescere le loro già cospicue rendite.

Il patrimonio edilizio baronale fu notevolmente ampliato, la piccola costruzione già esistente nel feudo di Commaldo, fu dotata di ampi magazzini e ricoveri per gli animali. Per il soddisfacimento delle attività agro-pastorali furono costruiti un gran numero di vani che si raccoglievano attorno a due corti quadrangolari, sul prospetto principale d’ingresso fu invece ricavato un giardino pergolato. Il complesso edilizio di Commaldo concesso in enfiteusi, insieme alle terre limitrofe, alla famiglia Sipione, dopo l’abolizione della feudalità, passò definitivamente in potere della famiglia enfiteuta. Il complesso edilizio di Commaldo, ampliato nelle sue strutture produttive nel 1911 e ancora nell’immediato dopoguerra, versa in discrete condizioni, la masseria tuttora utilizzata, appare meglio conservata della dimora padronale, da lungo tempo disabitata.

Tratto da:
Massae, massari e masserie siracusane
di Marco Monterosso
Editore Morrone, 2000

 

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